Annalisa 06/04/14
Siamo finalmente nella terra che ci regalerà la gioia più grande: i nostri due figli. Siamo arrivati in Africa, una terra tanto lontana, ma sempre viva nel mio cuore.
La voglia di vedere e conoscere Kinshasa e la sua gente è tanta e quindi, fin da subito, inizio a guardare con attenzione un nuovo mondo. La vita qui a Kinshasa, che una volta era definita “Kin la bella”, scorre in modo diverso. Il tempo è scandito dalle persone, qui si vive con il tempo e non contro come da noi, la luce del sole ti accompagna lungo la strada della vita e ti dona l’energia e il sorriso per affrontare ogni momento.
La prima cosa che mi colpisce e che mi affascina di questa terra africana sono le donne. Donne grandi, forti, eleganti, ricche di dignità e coraggio. Donne che lavorano sempre con accanto i loro figli, che affrontano la vita con il sorriso senza lamentarsi, con una dignità e un eleganza che mi lasciano senza fiato.
Le donne di Kinshasa, nei loro abiti colorati, camminano per le tortuose strade della capitale con tranquillità, i loro sguardi penetrano nei miei occhi e al mio sorriso aprono i loro cuori e i loro sorrisi splendenti, mi catturano e mi dicono: “siamo fiere di essere congolesi, siamo felici”. Queste donne e i loro sguardo mi accompagneranno durante il mio soggiorno, ma sicuramente me le porterò nel cuore per tutta la vita. I giorni passano carichi, di emozioni e scoperte, non solo nella conoscenza dei miei figli, ma soprattutto nella scoperta della loro terra.
Ogni volta che si deve uscire per fare qualche partica burocratica, per me è un’ottima occasione per vedere cose nuove. Ed è proprio in questi lunghi viaggi che il mio cuore rimane colpito da qualcosa di diverso. Le persone che animano la città durante il giorno sono milioni: è come vedere tante piccole formichine colorate che si muovono da tutte le parti. Incontro in ogni momento nuove sensazioni, sento l’Africa entrarmi dentro, con il suo magico gioco della vita che si muove con eleganza e gioia insieme alla morte. Per me è disarmante vedere uomini, donne e bambini vivere la vita con tanta consapevolezza, senza temere e nascondere la morte come da noi. Qui, dove il tempo non scappa, è facile vedere morire qualcuno per strada.
Mi succede tre volte, nel mio tempo passato a Kinshasa, di vedere morire una persona. Tutto questo all’inizio genera in me paura, tristezza e rabbia.
Una donna sdraiata su un marciapiede, malata di malaria, mi guarda negli occhi prima di chiuderli per cominciare il suo “grande viaggio”. Io la guardo e con le lacrime agli occhi mi chiedo: “perché”? Mi sembra di essere solo io a vedere questa cosa; le altre persone sembrano non aver visto una donna morire per strada, nell’indifferenza di un mondo che corre. Solo dopo qualche giorno comprendo che non è indifferenza quella che ho visto, è realtà: è la vita che danza con la morte. Ogni uomo, donna o bambino del Congo nasce consapevole di dover danzare con la morte e che se un fratello danzerà con lei per primo, lui dovrà continuare a tenere il tempo per il proprio ballo.
La morte è li presente sempre, anche in mezzo a un gruppo di bambini in divisa bianco e blu pronti ad andare a scuola. Questa volta c’è un urlo. Un urlo forte, di un’amica, una sorella che si inginocchia fra la folla per abbracciare un’ultima volta un amico, un compagno che ha terminato il suo ballo. E con le lacrime agli occhi, si ferma a guardare il cielo, come per poterlo vedere ancora danzare fra le braccia del sole. Un’immagine nitida è proprio questa, che mi appare e fa male, perché ogni vita è speciale.
Mi tormento molto per quello che vedo: ingiustizia, povertà, fame e malattia. E mi stupisco di come tutto ciò mi faccia sentire viva. Sento il ritmo del mio ballo ravvivarsi dentro il mio cuore; vedo con immensa gioia la bellezza della vita, tocco con mano l’amore. Vivo a pieno ogni sapore. Il Congo e Kinshasa: un Paese dalle mille contraddizioni, dai mille colori e umori un paese che tira fuori il meglio e il peggio di me.
Gli occhi che vedo, parlano. Mi dicono tutto. I gesti sono caldi, grandi e affettuosi; soprattutto quelli delle mamme con i loro piccoli sempre dietro; un po’ come delle chiocce con i pulcini.
Una mattina attraverso la strada e vado nel campo di sabbia vicino a delle baracche. Nell’avvicinarmi subito arrivano due o tre bambini, poi le mamme; splendide e grandi donne che mi guardano con i loro occhi puri e mi sorridono, senza dire nulla chiamano a me tutti i loro bimbi. Capiscono le mie buone intenzioni. Facciamo un grande cerchio e, insieme, cantiamo balliamo e giochiamo. I bimbi si divertono, corrono, urlano e i più grandi mi insegano i loro giochi. Le mamme mi guardano e ridono nel vedere così sorridenti i loro bambini. Dopo nemmeno 10 minuti arrivano altri bambini a cantare e ballare “Diamo la caccia al bruco” e “La canzone della felicità”. In poco tempo abbiamo parecchi spettatori che ci guardano incuriositi. Quanta vita in quei sorrisi, quanta gioia e voglia di vivere in quei bimbi che non hanno nulla per giocare, ma hanno una grande voglia di provare, imparare e amare. I bimbi poi vanno a scuola e mi continuano a salutare. E il mio cuore si fa grande, quasi a scoppiare. Poi una mamma si avvicina con il suo bimbo più piccolo legato sulla schiena e mi guarda negli occhi. Mi abbraccia forte per ringraziarmi: è stato una abbraccio così speciale e intenso che non lo potrò mai scordare.
Ma il viaggio continua, non ci si può fermare. Si parte verso la città, ci sono altri documenti da fare. Sempre sul nostro pulmino ci avviciniamo alla grande e caotica Kinshasa. Ma questa volta fra un ufficio e l’altro, visto che sono sola con Mam Benedicta, facciamo una piacevole fermata al mercato delle stoffe.
Incredibile: piccole casette di legno, una attaccata all’altra, coperte di drappi dai mille colori, formano una lunga fila dove si può passare solamente in fila indiana, tanto è stretta. Voci e colori si mischiano; donne grandi che stanno sedute nelle loro casette pronte a vendere le loro stoffe. Ancora una volta sono queste splendide donne a catturare la mia attenzione. Grandi, maestose, eleganti; avvolte nei loro abiti colorati, con i capelli raccolti in mille treccine.
Sorridenti e decise nel vendere la loro merce migliore. Così acquistiamo un po’ di stoffe da portare in Italia, insieme a tante emozioni.
I giorni passati a Kinshasa son ormai lontani, ma i ricordi, gli sguardi e le emozioni sono sempre vive. Un’esperienza che, oltre ad avermi regalato la gioia più grande di avere due figli, mi ha cambiata nel modo di essere e di pensare.
Un viaggio che mi ha mostrato la bellezza della vita e della morte, della gioia e del dolore. Un qualcosa di così grande e unico che mi fa amare e apprezzare la pioggia e il sole, l’acqua e il pane, una lacrima, un sorriso, un chicco di riso, un sguardo e un abbraccio. Questa è per me l’Africa; questa è la Repubblica Democratica del Congo. Questa è Kinshasa. Questa è la vita.
Per questo non voglio dimenticare e per questo dobbiamo ancora sognare e soprattutto lottare.